TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO 
                   Ufficio del Giudice del lavoro 
 
    Proc R.G.L.P. n. 1477/2015 L.P. 
    Gigli Ugo 
    contro 
    Commissario straordinario A.T.E.R. di Viterbo A.T.E.R. 
    Regione Lazio 
    Il tribunale, in funzione di giudice del lavoro,  ha  pronunciato
la seguente ordinanza nel procedimento n. 1477 del ruolo generale per
gli affari contenziosi di lavoro dell'anno 2015, vertente tra: 
    Gigli Ugo (con gli avv.ti Maria Cristina Manne Isabella Ballarono
e Domenico Tomassetti); 
    A.T.E.R. di Viterbo (con l'avv. Mauro De Angelis); 
    Pierluigi Bianchi quale commissario  straordinario  dell'A.T.E.R.
di Viterbo (con l'avv. N. D'Agostino); 
    Regione Lazio - in qualita' di terzo chiamato 
    all'esito della camera di consiglio in data odierna 
 
                              Premesso 
 
    Che con ricorso  ex  art.  414  c.p.c.,  depositato  in  data  15
settembre 2015, Gigli Ugo ha adito questo Tribunale  in  funzione  di
giudice del lavoro esponendo in fatto, che con deliberazione n. 6 del
12 dicembre 2011 il Consiglio  di  amministrazione  dell'A.T.E.R.  di
Viterbo  aveva  conferito  al  ricorrente  l'incarico  di   direttore
generale,  confermando  allo  stesso  funzioni,  stato  giuridico   e
trattamento economico gia' in essere; che era stato  conseguentemente
stipulato un contratto individuale di  lavoro  tra  il  ricorrente  e
l'A.T.E.R. di Viterbo, «a far data dal 12  dicembre  2011,  per  anni
cinque» e quindi con scadenza alla data del 12 dicembre 2016; che per
la disciplina del rapporto le parti avevano rinviato  alla  normativa
del C.C.N.L. per  i  dirigenti  Imprese  pubblica  utilita';  che,  a
seguito dell'insediamento della nuova giunta regionale del Lazio, con
deliberazione G.R. n. 165 del 3 luglio 2013, era  stato  disposto  il
commissariamento di tutte le A.T.E.R. del Lazio; che con decreto  del
Presidente della Regione Lazio n. T00207  del  31  luglio  2013,  era
stato  nominato  quale  commissario  straordinario  dell'A.T.E.R.  di
Viterbo, in sostituzione del Presidente e del CdA,  l'avv.  Pierluigi
Bianchi, fino al 30 settembre 2014;  che  lo  stesso  avv.  Pierluigi
Bianchi era stato nuovamente nominato commissario  straordinario  con
decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00344 del  1°  ottobre
2014, «con i poteri del Presidente e del CdA, fino  alla  nomina  dei
nuovi organi di amministrazione»; che in  data  29  gennaio  2015  il
ricorrente aveva appreso di essere  stato  rimosso  dall'incarico  di
direttore generale dell'A.T.E.R. di Viterbo, con una lettera di  pari
data, sottoscritta - senza previa adozione di alcun atto deliberativo
- dal commissario straordinario dell'ATER di Viterbo, avv.  Pierluigi
Bianchi; che tale lettera aveva disposto la cessazione del ricorrente
dall'incarico  di  direttore  generale  sul  mero  presupposto  della
necessita' di attuare la previsione «dell'art. 11, comma 2, legge  n.
20/2002»  e  «dell'art.  12  dello  Statuto   aziendale»;   che   con
Deliberazione  adottata  lo  stesso  giorno  (29  gennaio  2015),  il
commissario straordinario aveva nominato per la durata di 4 giorni il
sig. Massimo Bindi; che il ricorrente aveva, dunque,  impugnato  tale
risoluzione con lettera raccomandata spedita in data 20 marzo 2015  e
ricevuta dall'A.T.E.R. in data  23  marzo  2015;  di  aver,  inoltre,
proposto ricorso e ex art. 700 codice di  procedura  civile  che  era
stato respinto per insussistenza del periculum  in  mora  e  di  aver
proposto reclamo al Collegio ai sensi dell'art. 669-terdecies  codice
di procedura civile, risoltosi con conferma dell'ordinanza  di  prime
cure. 
    Tutto cio' premesso, parte attorea ha dedotto in diritto: 
        la  nullita'  e/o   l'inesistenza   e/o   l'invalidita'   e/o
l'annullamento e/o la natura discriminatoria dell'atto  di  decadenza
per  motivo  illecito  determinante  e/o  la  violazione   di   norme
imperative e  il  diritto  alla  reintegra  nell'incarico  sostenendo
l'illegittimita'  della  comunicazione  del  29  gennaio   2015   del
commissario straordinario e della nota delle due direzioni  regionali
del 19 gennaio 2015 in quanto mancante il presupposto di applicazione
della normativa invocata, ossia «la costituzione del nuovo  consiglio
di   amministrazione»   (non   essendo   tale   evento    ravvisabile
nell'avvenuto commissariamento) e, dunque, la conseguente  violazione
dell'art. 12 dello statuto dell'Ater e dell'art. 11, comma  2,  della
legge regionale n. 30/2012 e la nullita' dell'irrogato  licenziamento
ai sensi del combinato disposto degli articoli  1343  e  1418  codice
civile ovvero ai sensi del 1344 codice civile e,  in  ogni  caso,  ai
sensi dell'art. 1345 per motivo illecito determinante; 
        in  subordine,   l'invalidita'   e/o   l'annullabilita'   e/o
l'inefficacia  dell'atto  di  decadenza  per  violazione   di   norme
imperative e/o comunque per contrarieta' ai principi di buona fede  e
correttezza in executivis di cui agli articoli  1175  e  1375  codice
civile e il  diritto  al  risarcimento  del  danno  patrimoniale  per
equivalente  economico:  al  riguardo  ha  eccepito   l'inadempimento
contrattuale, per la risoluzione del rapporto  lavorativo  prima  del
relativo termine; ha altresi' dedotto l'illegittimita' costituzionale
dell'art.  55,  comma  5,  dello  Statuto  regionale,  contenente  il
richiamo al sistema dello spoils system, il cui contenuto  precettivo
era stato gia' dichiarato incostituzionale con sentenza n. 104 del 23
marzo 2007, sebbene in riferimento ad altra norma (art. 55, comma 4);
ha quindi sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art
55, comma 5, della legge regione Lazio  n.  1/2004  e  dell'art.  11,
comma 2, della legge regione Lazio n. 30/2002  per  violazione  degli
articoli 97 e 98 Cost.; 
        in ogni caso,  il  diritto  al  risarcimento  del  danno  non
patrimoniale, nello specifico  del  danno  morale  soggettivo  e  del
pregiudizio all'immagine professionale. 
    Nel  costituirsi  in  giudizio,  con   comparsa   depositata   in
cancelleria  il  15  febbraio  2016,  il  commissario   straordinario
dell'ATER  Pierluigi  Bianchi  ha  resistito  alle  avverse   domande
eccependo, preliminarmente,  il  proprio  difetto  di  legittimazione
passiva quale commissario straordinario dell'ATER. 
    Nel  merito  ha  dedotto  l'insussistenza  di  una   ipotesi   di
licenziamento   illegittimo   sanzionabile    con    la    reintegra,
sottolineando essersi verificata una decadenza dall'incarico ai sensi
della legge regionale n.  30/2002,  dello  statuto  aziendale,  della
delibera  di  nomina  e  del  contratto  di  collaborazione,  che  ha
osservato essere norme vigenti, non dichiarate incostituzionali, e di
previsioni contrattuali, volontariamente  sottoscritte  e  pienamente
vincolanti. Ha poi eccepito l'infondatezza della domanda di reintegra
per incompatibilita' della tutela reale con un rapporto di  lavoro  a
tempo determinato; la piena equiparazione tra la costituzione  di  un
nuovo consiglio di amministrazione e  la  nomina  di  un  commissario
straordinario; l'inesistenza del motivo illecito determinante dedotto
da circostanze  di  fatto  non  veritiere  e  sfornite  di  riscontro
probatorio; l'infondatezza della domanda risarcitoria del  danno  non
patrimoniale  e  la  sola  spettanza,  nel  caso   venga   dichiarata
l'illegittimita'  della  decadenza,  della  corresponsione   di   una
indennita' di mancato preavviso ai sensi degli articoli 34 e  35  del
CCNL CISPEL. 
    Nel costituirsi  con  comparsa  depositata  il  12  gennaio  2016
l'A.T.E.R. di Viterbo ha  chiesto  respingersi  le  domande  attoree,
assumendo in primo luogo  l'equiparabilita'  tra  l'insediamento  del
nuovo consiglio  di  amministrazione  e  la  nomina  del  commissario
straordinario    (essendo    quest'ultimo    organo     straordinario
dell'amministrazione dell'ente cui  spettano  gli  stessi  poteri  di
tutti gli organi dell'ente il cui mandato sia cessato  per  qualsiasi
ragione);  ha  quindi  dedotto   l'applicabilita',   a   seguito   al
commissariamento, dell'art. 11, somma 2, della L.R. Lazio n.  30/2002
e dell'art. 12 dello Statuto aziendale, che dispongono la  cessazione
automatica  degli  incarichi  dei  direttori  generali  in  caso   di
insediamento del nuovo consiglio di amministrazione;  che  le  stesse
direzioni regionali avevano comunicato ai commissari delle ATER  che,
a seguito della loro nomina, avrebbe trovato applicazione  l'art.  11
della L.R. n. 30/2002,  l'art.  55,  comma  5,  dello  Statuto  della
Regione Lazio e l'art. 19 del decreto legislativo n. 165/2001 a mente
dei quali dovevano ritenersi  cessati  gli  incarichi  dei  direttori
generali decorsi 90 giorni dall'insediamento degli organi di  vertice
delle rispettive  amministrazioni;  ha  conseguentemente  escluso  la
sussistenza di motivi illeciti, non essendo veritiere le  circostanze
prospettate e difettando il nesso di causalita' tra queste  ultime  e
la decadenza operante ope legis. 
    L'azienda ha infine eccepito l'infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale,  la  cessazione  dall'incarico  trovando
fondamento non solo nell'art. 55 dello  statuto  regionale  ma  anche
nell'art. 11, comma 2, della L.R. n. 30/02 nonche' nell'art. 12 dello
statuto aziendale dell'ATER di Viterbo, norme  vigenti  ed  accettate
dal ricorrente con la sottoscrizione di  apposito  contratto.  Ha  in
ultimo dedotto l'inammissibilita' della tutela  reale,  da  ritenersi
inapplicabile  ai  rapporti  di  lavoro  a   tempo   determinato,   e
l'infondatezza della domanda risarcitoria ex art. 1218 codice  civile
e in ogni caso l'inapplicabilita' dell'art. 29 del C.C.N.L. dirigenti
imprese pubblica utilita' ai fini della quantificazione del danno; ha
parimenti eccepito l'insussistenza dei lamentati danni patrimoniale e
non patrimoniale per mancanza dei requisiti costitutivi. 
    Il terzo chiamato in  causa,  Regione  Lazio,  costituendosi  con
deposito di memoria difensiva in data 24  marzo  2016,  ha  resistito
alle avverse  domande  eccependo,  in  primo  luogo,  il  difetto  di
legittimazione passiva, essendo essere soggetto estraneo al  rapporto
intercorso tra il ricorrente e il datore  di  lavoro,  l'A.T.E.R.  di
Viterbo,  soggetto  dotato  di  personalita'   giuridica,   autonomia
imprenditoriale, patrimoniale, finanziaria e  contabile;  in  secondo
luogo, ha eccepito l'inammissibilita' e la  conseguente  infondatezza
della domanda di manleva, fondata su una nota regionale indirizzata a
tutte le A.T.E.R. del  Lazio,  che  ha  sostenuto  essere  del  tutto
generica e che l'A.T.E.R. di Viterbo avrebbe ben potuto disattendere;
sul  presupposto   della   equiparabilita'   tra   insediamento   del
commissario straordinario  e  insediamento  del  nuovo  consiglio  di
amministrazione  e  della  conseguente  risoluzione  ipso  iure   del
contratto  lavorativo,  ha  altresi'  dedotto  la  legittimita'   del
provvedimento di decadenza e l'infondatezza della domanda principale;
per  l'ipotesi  in  cui  si  fosse  ritenuta   l'illegittimita'   del
provvedimento di rimozione, ha comunque sostenuto  l'inammissibilita'
della domanda di reintegra; in ordine alla pretesa  risarcitoria,  ha
infine  eccepito  la  carenza  di  prova   tanto   in   ordine   alla
potenzialita' lesiva  della  condotta  aziendale,  quanto  in  ordine
all'esistenza del  nesso  causale  con  il  danno  lamentato,  ed  ha
contestato la pretesa anche sotto il profilo del quantum debeatur. 
    In fatto, va premesso che la delibera della giunta regionale  del
Lazio n. 165 del 3 luglio 2015 - al  fine  di  dare  attuazione  alla
legge 28  giugno  2013  n.  4  contenente  disposizioni  in  tema  di
riduzione dei costi  della  politica  e  di  razionalizzazione  degli
uffici e servizi  della  Regione  ed  in  particolare  in  attuazione
dell'art. 22, concernente il riordino degli enti e la  riduzione  del
numero  dei   componenti   degli   organi   -   aveva   disposto   il
commissariamento   delle   aziende   territoriali   per    l'edilizia
residenziale pubbliche di tutte le Provincie del Lazio, rimettendo  a
successivi decreti del Presidente della Regione l'adozione degli atti
di nomina di altrettanti commissari straordinari. 
    Nelle premesse la  suddetta  delibera  dava  atto  che  ai  sensi
dell'art. 55, comma 4, dello statuto regionale  «i  componenti  degli
organi istituzionali degli enti  pubblici  dipendenti  dalla  Regione
decadono dalla carica il novantesimo  giorno  successivo  alla  prima
seduta del consiglio salvo conferma con le stesse modalita'  previste
per la nomina» e che pertanto, essendosi insediato il nuovo Consiglio
Regionale in data 25 marzo  2013,  «gli  organi  istituzionali  delle
A.T.E.R. sono decaduti dalla carica il 23 giugno 2013». 
    Con successiva deliberazione n. 642  del  30  settembre  2014  la
giunta regionale aveva disposto la proroga fino al 15 settembre 2015.
Per la  ATER  di  Viterbo  il  commissario  straordinario  era  stati
nominato con decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00344 del
1° ottobre 2014. 
    In  seguito  la  nota   congiunta   della   direzione   regionale
infrastrutture, ambiente e  politiche  abitative  e  della  direzione
regionale risorse umane e sistemi informativi prot. n. 27633  del  19
gennaio 2015 aveva sostanzialmente ribadito il contenuto della citata
delibera di giunta precisando che «... avuto riguardo alla  succitata
normativa regionale, nonche' all'art.  55,  comma  5,  dello  statuto
della Regione Lazio  e  alle  disposizioni  generali  in  materia  di
incarichi dirigenziali di vertice di cui all'art. 19, commi 3  ed  8,
del decreto legislativo n. 165/01, ... gli  incarichi  dei  direttori
generali delle aziende in indirizzo devono ritenersi cessati  decorsi
90 giorni dall'insediamento degli organi commissariali in  argomento,
salvo conferma da parte degli organi stessi. Al riguardo  si  precisa
che il dies a quo del termine di 90 giorni va individuato nella  data
di effettiva  assunzione  delle  funzioni  da  parte  dei  rispettivi
commissari straordinari. In relazione a quanto sopra, si  invitano  i
commissari straordinari  delle  aziende  in  indirizzo,  qualora  non
avessero gia' provveduto, a disporre con urgenza  gli  atti  relativi
alla nomina di nuovi direttori generali nel rispetto della  normativa
sopra richiamata e a dare comunicazione alle scriventi  direzioni  in
merito ai provvedimenti che saranno adottati al riguardo». 
    Con la  nota  in  contestazione  29  gennaio  2015  a  firma  del
commissario   straordinario   dell'ATER,    in    attuazione    della
deliberazione  di  giunta,  della  citata  nota  e  della   normativa
regionale e statutaria in esse richiamata, al  ricorrente  era  stato
comunicata  l'intervenuta  «decadenza,  ex  lege,  dalla  carica   di
direttore generale e la conseguente cessazione di ogni  rapporto  con
la ATER di Viterbo». La missiva spiegava che «ai sensi dell'art.  11,
comma 2,  della  legge  regionale  n.  20/2002  (rectius  30/2002)  e
dell'articolo 12 dello statuto  aziendale  «l'incarico  di  direttore
generale e'  conferito  a  tempo  determinato,  per  un  periodo  non
superiore a cinque anni ed ha termine con la costituzione  del  nuovo
consiglio di amministrazione». 
    La Regione con nota  della  «Direzione  regionale  infrastrutture
ambiente e politiche abitative» e della «Direzione regionale  risorse
umane e sistemi informativi» prot. 27633 del 19  ottobre  2015,  gia'
agli atti di questa Azienda, ha richiamato tutti i  commissari  delle
ATER del Lazio, alla applicazione di tale normativa». 
    Le disposizioni sulla  cui  base  si  e'  dunque  pervenuti  alla
declaratoria  di  decadenza   dall'incarico   del   ricorrente   sono
sostanzialmente identificabili: 
        a) nell'art. 55, comma 5, della legge regionale del Lazio  11
novembre 2004 n.  1  recante  «Nuovo  statuto  della  Regione  Lazio»
secondo il quale «Gli  incarichi  di  direzione  delle  strutture  di
massima dimensione degli enti pubblici dipendenti sono conferiti  dai
rispettivi  organi  di  amministrazione  e  cessano  di  diritto   il
novantesimo giorno  successivo  all'insediamento  dei  nuovi  organi,
salvo conferma da parte degli organi stessi»; 
        b) nell'art. 11, comma 2, della L.R. 3 settembre 2002, n.  30
«Ordinamento degli enti regionali operanti  in  materia  di  edilizia
residenziale pubblica», il quale dispone che «Il  direttore  generale
e' nominato dal consiglio di  amministrazione  ed  e'  scelto  tra  i
dirigenti dell'azienda stessa o di altri enti pubblici o privati,  di
eta'  non  superiore  ai  sessantacinque  anni,  che  abbiano  svolto
attivita' dirigenziale e che siano in possesso del diploma di  laurea
ovvero che  abbiano  espletato  per  almeno  10  anni  l'incarico  di
dirigente apicale  di  ente  pubblico.  2.  L'incarico  di  direttore
generale e'  conferito  a  tempo  determinato,  per  un  periodo  non
superiore a cinque anni, rinnovabile una sola volta,  e  ha  termine,
comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione.
L'incarico  di  direttore  generale  e'  disciplinato  con  contratto
individuale che stabilisce, tra l'altro,  il  trattamento  economico,
con riferimento a quello  previsto  dall'art.  16,  comma  2.  Per  i
dipendenti di altri  enti,  il  contratto  disciplina,  altresi',  il
rapporto di lavoro»; 
        c) nell'art. 12 dello statuto aziendale il quale,  ricalcando
contenuto della norma or ora richiamata, dispone  dello  che  «1.  Il
direttore generale e' nominato dal consiglio di  amministrazione,  ed
e' scelto tra  i  dirigenti  dell'Azienda  stessa  o  di  altri  enti
pubblici o privati, che abbiano svolto attivita' dirigenziale  ed  in
possesso del diploma di laurea, ovvero che abbiano  ricoperto  -  per
almeno dieci anni l'incarico di  dirigente  apicale  presso  un  ente
pubblico, ai  sensi  del  comma  1,  art.  11,  legge  n.  30/02.  2.
L'incarico di direttore generale e' conferito  a  tempo  determinato,
per un periodo non superiore a cinque anni, rinnovabile e ha termine,
comunque, con la costituzione del nuovo consiglio di amministrazione.
L'incarico di  direttore  generale,  qualora  conferito  a  dirigente
d'azienda, e' disciplinato con contratto individuale che  stabilisce,
tra l'altro, il  trattamento  economico,  con  riferimento  a  quello
previsto dall'art. 16, comma 2, della  legge.  Per  i  dipendenti  di
altri enti, il contratto disciplina, altresi', il rapporto di lavoro.
La  deliberazione  con  cui  e'  conferito  l'incarico  di  direttore
generale deve anche contemplare le ipotesi di revoca anticipata dello
stesso da  parte  del  consiglio  di  amministrazione  mediante  atto
motivato.  Di  tale  punto  della  deliberazione  deve  essere  fatto
esplicito  richiamo  nel  contratto  individuale  di  lavoro.  3.  La
rimozione dall'incarico di direttore generale deve essere  deliberata
con la maggioranza dei due  terzi  dei  componenti  il  consiglio  di
amministrazione». 
    Ritiene  questo  giudicante   che   i   dubbi   di   legittimita'
costituzionale sollevati dal ricorrente siano fondati. 
    Sotto il profilo della rilevanza ritiene questo giudicante che le
eccezioni di parte ricorrente tendenti  ad  escludere  l'operativita'
delle norme in esame non siano fondate. Va al riguardo  premesso  che
tanto l'art. 55, comma 5, dello statuto regionale, quanto l'art.  11,
comma 2, della LR n. 30/2002 e cosi  pure  l'art.  12  dello  statuto
aziendale,  prevedono  che  l'incarico  abbia  comunque  termine  con
«l'insediamento dei nuovi organi» di amministrazione ovvero  «con  la
costituzione del nuovo consiglio di amministrazione». 
    Parte ricorrente sostiene l'illegittimita' della declaratoria  di
decadenza assumendo l'inapplicabilita' delle richiamate  disposizioni
per carenza del presupposto di legge, non  risultando  costituito  un
nuovo consiglio di amministrazione e non essendo a cio'  equiparabile
la nomina del commissario straordinario. 
    La tesi non sembra sostenibile. Non e' infatti  in  contestazione
che nella delibera della Giunta Regionale n. 165 del 3  luglio  2015,
che aveva disposto  il  commissariamento  dell'ATER,  il  commissario
straordinario sia stato identificato quale organo  sostitutivo  degli
organi   istituzionali   dell'ente    (Presidente,    consiglio    di
amministratore e collegio dei revisori). In particolare, la  suddetta
delibera, dopo aver individuato gli organi istituzionali degli  enti,
in conformita' con quanto  previsto  dalla  LR  n.  30/2002  (recante
«Ordinamento degli enti regionali operanti  in  materia  di  edilizia
residenziale pubblica» e successive modifiche»), aveva  chiarito  che
ai  sensi  dell'art.  55,  comma  4,  dello  statuto  regionale,   «i
componenti degli organi istituzionali degli enti pubblici  dipendenti
dalla Regione decadono dalla carica il novantesimo giorno  successivo
alla  prima  seduta  del  consiglio  salvo  conferma  con  le  stesse
modalita' previste per la nomina» ed in  seguito  aveva  disposto  il
«commissariamento straordinario» degli enti «...,  fino  alla  nomina
dei  nuovi  organi  di  amministrazione   secondo   quanto   previsto
nell'ambito della riforma stessa  e  nell'art.  55,  comma  3,  dello
statuto regionale». 
    Appare evidente che la nomina  dei  commissari  straordinari  sia
stata  quindi  disposta  in  sostituzione   degli   ordinari   organi
istituzionali  e  che  ai  medesimi  fossero  quindi   attribuiti   e
riconosciuti i corrispondenti poteri. Se ne  deve  desumere  che,  ai
fini dell'applicabilita' delle disposizioni sulla decadenza del D.G.,
la nomina del commissario straordinario  abbia  prodotto  i  medesimi
effetti che gli articoli 11, comma 2, della LR n. 30/2002 e 12  dello
statuto aziendale riconducono in via ordinaria alla costituzione  del
consiglio di amministrazione. A prescindere da  quanto  si  dira'  in
seguito riguardo alla applicabilita' dell'art.  55,  comma  4,  dello
statuto regionale, alla possibilita' di  ritenere  la  decadenza  dei
membri dei suddetti organi istituzionali  e  alle  ulteriori  ragioni
poste a base del commissariamento, le  considerazioni  che  precedono
inducono a ritenere che la decadenza del direttore generale sia stata
disposta in applicazione delle  disposizioni  in  esame.  Di  qui  la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. 
    Nel merito, va osservato come a sostegno delle proprie censure la
parte abbia  fatto  richiamo  alle  pregresse  pronunce  della  Corte
costituzionale ed in particolare alla sentenza  n.  104/2007  del  19
marzo 2007 che aveva dichiarato l'illegittimita' dell'art. 55,  comma
4, della legge Regione Lazio 11 novembre 2004, n.  1  (Nuovo  statuto
della Regione Lazio),  nella  parte  in  cui  aveva  previsto  che  i
direttori generali delle Asl decadono  dalla  carica  il  novantesimo
giorno successivo alla prima seduta del  consiglio  regionale,  salvo
conferma con le stesse modalita' previste per  la  nomina;  che  tale
decadenza opera a decorrere dal primo rinnovo, successivo  alla  data
di entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei  contratti  dei
direttori generali delle Asl viene adeguata di diritto al termine  di
decadenza dall'incarico. 
    In quella occasione i giudici  remittenti  avevano  censurato  la
norma osservando che far dipendente la  cessazione  dalla  carica  al
rinnovo del  consiglio  regionale  avesse  «l'evidente  finalita'  di
consentire alle forze  politiche  di  cui  e'  espressione  il  nuovo
consiglio di sostituire i preposti agli organi istituzionali»  e  che
tuttavia cio'  avrebbe  determinato  «una  cesura  nella  continuita'
dell'azione amministrativa esplicata dal titolare della  carica,  non
in dipendenza di una valutazione della qualita' di  questa  «azione»,
ma di un evento oggettivo, come l'insediamento del  nuovo  consiglio;
avevano  quindi  ritenuto  che  cio'  contrastasse  con  i   principi
costituzionali imparzialita' e buon andamento  dettati  dall'art.  97
Cost. ed incidesse sulla stabilita'  ed  autonomia  che  consente  al
dirigente di improntare il suo operato  al  rispetto  dei  richiamati
principi. 
    La Corte, nell'esaminare la vicenda che aveva visto coinvolto  il
direttore generale di una ASL, aveva ritenuto fondata  la  questione,
osservando preliminarmente  che  la  disposizione  censurata  dovesse
ritenersi innanzitutto incongrua  rispetto  all'obiettivo  perseguito
dalla legge, ovvero quello di  preservare  il  rapporto  diretto  fra
organo politico ed organo tecnico: sotto tale profilo  aveva  infatti
spiegato che alle ASL e ai suoi dirigenti erano  devolute  competenze
essenzialmente tecniche, da svolgere con  autonomia  imprenditoriale,
sulla base degli indirizzi generali fissati dalla Regione  e  per  il
perseguimento di obiettivi  gestionali  ed  operativi  fissati  delle
giunte regionali; che la decadenza automatica non avrebbe  consentito
di preservare il rapporto diretto fra  organo  politico  e  direttore
generale, essendo operativa anche nel  caso  in  cui  dalle  elezioni
fosse risultata confermata la precedente compagine  di  governo;  che
l'esigenza in esame  non  sarebbe  stata  soddisfatta  neanche  dalla
possibilita' di conferma nell'incarico  (prevista  dalla  norma)  non
essendone prevista la motivazione e potendo quindi prescindere da una
valutazione dell'attivita' svolta, sui risultati  raggiunti  e  sugli
obietti perseguiti. 
    Aveva quindi sostenuto che la norma  violasse  l'art.  97  Cost.,
sotto il duplice profilo  dell'imparzialita'  e  del  buon  andamento
dell'amministrazione.  A   sostegno   di   tali   conclusioni   aveva
evidenziato che l'art. 97 Cost. sottopone gli uffici pubblici ad  una
riserva   (relativa)    di    legge,    sottraendoli    all'esclusiva
disponibilita' del governo; prevede che  gli  uffici  pubblici  siano
organizzati secondo i principi di imparzialita' ed efficienza  e  che
l'accesso avvenga, di' norma, mediante procedure fondate sul  merito.
Aveva quindi osservato che nel principio di imparzialita', si esprime
la distinzione tra  politica  e  amministrazione,  tra  l'azione  del
governo - normalmente legata alle impostazioni di una parte politica,
espressione   delle   forze   di    maggioranza    -    e    l'azione
dell'amministrazione;    che    il    principio     di     efficienza
dell'amministrazione  trova  invece  esplicazione  in  una  serie  di
regole, che vanno da quella di  una  razionale  organizzazione  degli
uffici, a quella  di  assicurarne  il  corretto  funzionamento  e  di
garantire la regolarita' e la continuita' dell'azione  amministrativa
e, in particolare,  dei  pubblici  servizi,  anche  al  mutare  degli
assetti politici;  a  quella  per  cui  i  dirigenti  debbono  essere
sottoposti a periodiche verifiche circa il rispetto dei  principi  di
imparzialita',  funzionalita',  flessibilita',  trasparenza  e  circa
l'attivita' svolta da valutare in  funzione  dei  risultati  e  degli
obiettivi prefissati. 
    Aveva anche rammentato che nell'ottica  del  perseguimento  degli
obiettivi costituzionali, ai  dirigenti  erano  accordate  specifiche
garanzie, concernenti la verifica che gli  incarichi  assegnati  (che
doveva avvenire tenendo conto, tra l'altro, delle attitudini e  delle
capacita'   professionali)   e   la   loro   cessazione    anticipata
dall'incarico (che poteva avvenire solo in  seguito  all'accertamento
dei risultati conseguiti e sulla base del giusti procedimento). 
    Aveva  quindi  affermato  che  «La  dipendenza   funzionale   del
dirigente non puo' diventare dipendenza  politica.  Il  dirigente  e'
sottoposto alle direttive del vertice politico e al suo giudizio,  ed
in seguito a questo puo' essere allontanato. Ma non puo' essere messo
in condizioni di precarieta' che consentano  la  decadenza  senza  la
garanzia del giusto procedimento». 
    Alla luce di tale pronuncia occorre in primo luogo osservare  che
la delibera di giunta n. 165 del 3 luglio 2015,  con  cui  era  stato
disposto il commissariamento delle ATER, aveva errato nel ritenere la
decadenza dei componenti degli organi istituzionali alla scadenza del
novantesimo  giorno  successivo  alla  prima  seduta  del   consiglio
insediato in data 25 marzo 2013: tale  evenienza  era  stata  infatti
desunta ex lege in applicazione della medesima  norma  che  la  Corte
costituzionale aveva  gia'  dichiarato  incostituzionale  ormai  anni
prima. 
    E' pur vero peraltro che il commissariamento degli enti era stato
comunque disposto allo scopo di «assicurare la continuita' aziendale»
e «consentire il riordino delle aziende» come  previsto  dalla  legge
regionale 28 giugno 2013, n. 4 («Disposizioni urgenti di  adeguamento
all'art. 2 del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012,  n.  213,  relativo  alla
riduzione dei costi della politica,  nonche'  misure  in  materia  di
razionalizzazione, controlli e trasparenza dell'organizzazione  degli
uffici e servizi  della  Regione»)  che  aveva  appunto  previsto  la
ricognizione e il riordino degli enti e la riduzione del  numero  dei
componenti  degli  organi.  Sicche'   la   nomina   del   commissario
straordinario si poteva ritenere  giustificata  anche  a  prescindere
dalla sostituzione dell'organo consiliare. 
    Ritiene  tuttavia  questo  giudicante   che   le   considerazioni
formulate dalla Corte nella citata  pronuncia  incidano  anche  sulla
giudizio di legittimita' delle disposizioni dello Statuto Regionale e
della legge di  riordino  degli  ATER  alle  quali  Regione  Lazio  e
commissario straordinario avevano inteso dare attuazione,  pervenendo
alla decadenza del direttore generale. 
    Ove  infatti  si  abbia  riguardo  al  principio  di   efficienza
dell'amministrazione  e  quindi  alla  necessita'  di  assicurare  il
corretto funzionamento, la regolarita' e la  continuita'  dell'azione
amministrativa, anche sotto il profilo dell'osservanza delle garanzie
accordate ai dirigenti, tali da escludere la possibilita' di una loro
cessazione  anticipata  dall'incarico  a  prescindere  da  una   loro
valutazione riguardo ai risultati conseguiti  e  dall'osservanza  del
giusto  procedimento,  occorre  allora  dubitare  della  legittimita'
costituzionale delle norme che ne prevedano la  decadenza  automatica
anche quando  giustificata  -  non  dall'esigenza  di  preservare  il
rapporto  diretto  fra  organo  politico  ed  organo  tecnico  o   di
coordinarne la  durata  dell'incarico  con  quella  degli  organi  di
indirizzo politico,  ma  dall'obiettivo  di  preservare  il  rapporto
fiduciario  tra  i  dirigenti  generali  e  l'organo   amministrativo
deputato alla loro nomina. 
    E' pur vero che con riguardo a rapporti di tal genere, la S.C. ha
ritenuto che le disposizioni [(come  quella  dell'art.  9,  comma  6,
della legge reg. Friuli Venezia Giulia del 3 marzo  1998,  n.  6.  In
tema di risoluzione del rapporto  di  lavoro  del  direttore  tecnico
scientifico e del direttore amministrativo dell'Agenzia Regionale per
la  Protezione  dell'Ambiente  (A.R.P.A.)],  «che   introducono   una
fattispecie di estinzione automatica del rapporto, la cui «ratio»  va
individuata nell'intento di assicurare  la  costante  permanenza  del
rapporto fiduciario fra direttore generale dell'Agenzia e i  suddetti
collaboratori, fondato sulla provenienza della  nomina  dallo  stesso
soggetto e non sull'esigenza di  garantire  l'automatico  adeguamento
della durata della nomina del dirigente  a  quella  degli  organi  di
indirizzo politico» non si pongono in contrasto  con  i  principi  di
imparzialita'  e  buon  andamento,  poiche'  «in  linea  con   quanto
precisato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 233 del  2006
- non riguarda un'ipotesi di «spoil system»  in  senso  tecnico,  dal
momento che non regola un rapporto fondato  «sull'intuitus  personae»
tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il  soggetto  che
lo  riceve  ed  e'  responsabile  verso  il   primo   dell'efficienza
dell'amministrazione, ma concerne l'organizzazione dell'ente pubblico
e  mira  a  garantire,  all'interno  di  esso,   la   consonanza   di
impostazione gestionale fra  il  direttore  generale  e  i  direttori
tecnico-scientifico e amministrativo» (Sez. L, Sentenza n.  3529  del
13 febbraio 2013 rv. 625244). 
    Con ordinanza interlocutoria Sez. L, n. 14593 del 15 luglio  2016
(Rv. 640730 - 01) la stessa  Corte  ha  tuttavia  ritenuto  di  dover
sottoporre la norma  alla  verifica  di  legittimita'  costituzionale
norma  osservando  che  «con  sentenza  n.  224  del  2010  la  Corte
costituzionale  ha  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  per
violazione dell'art. 97 Cost., l'art. 15, comma 6, della legge  della
Regione Lazio 16  giugno  1994,  n.  18,  secondo  cui  il  direttore
amministrativo  e  il  direttore  sanitario  delle   aziende   unita'
sanitarie locali o ospedaliere cessano dall'incarico entro  tre  mesi
dalla data di nomina del nuovo direttore generale  e  possono  essere
riconfermati poiche' detta norma contempla un meccanismo di decadenza
automatica e  generalizzata  dalle  suddette  funzioni  dirigenziali,
lesivo del principio di continuita'  dell'azione  amministrativa  che
rinviene il suo fondamento nell'art. 97 Cost.  La  scelta  fiduciaria
del direttore amministrativo, effettuata con provvedimento ampiamente
discrezionale del direttore generale,  non  implica,  si  e'  infatti
sottolineato  dal  giudice  delle  leggi,  che   l'interruzione   del
conseguente rapporto di lavoro possa avvenire con il medesimo margine
di apprezzamento discrezionale, poiche' una  volta  instaurato  detto
rapporto, vengono in rilievo altri profili,  connessi,  da  un  lato,
all'interesse dell'amministrazione ospedaliera alla continuita' delle
funzioni espletate dal direttore amministrativo, e, dall'altro  lato,
alla   tutela   giudiziaria,   costituzionalmente   protetta,   delle
situazioni soggettive del dirigente; la valutazione di tali  esigenze
determina,  afferma  la  Corte  costituzionale,  il  contrasto  della
censurata  disposizione  con  il  principio  costituzionale  di  buon
andamento, in quanto essa  non  ancora  l'interruzione  del  rapporto
d'ufficio in corso a ragioni interne a tale rapporto,  che  -  legate
alle  modalita'  di  svolgimento   delle   funzioni   del   direttore
amministrativo - siano idonee ad arrecare un vulnus  ai  principi  di
efficienza, efficacia e continuita' dell'azione amministrativa. 
    Inoltre,  ha  precisato  la  predetta  pronunzia   della   Corte,
l'automatica interruzione  anta  tempus  del  rapporto  non  consente
alcuna   valutazione   qualitativa   dell'operato    del    direttore
amministrativo,  che  sia  effettuata  con  le  garanzie  del  giusto
procedimento, nel cui ambito il dirigente potrebbe far valere il  suo
diritto di difesa,  sulla  base  eventualmente  dei  risultati  delle
proprie prestazioni e delle competenze esercitate in  concreto  nella
gestione dei servizi  amministrativi  a  lui  affidati,  e  il  nuovo
direttore generale sarebbe tenuto a specificare le ragioni,  connesse
alle pregresse modalita' di svolgimento  delle funzioni  dirigenziali
da  parte  dell'interessato,  idonee  a  fare  ritenere   sussistenti
comportamenti di quest'ultimo suscettibili di integrare la violazione
delle direttive ricevute o  di  determinare  risultati  negativi  nei
servizi di competenza e giustificare, dunque,  il  venir  meno  della
necessaria  consonanza  di  impostazione  gestionale  tra   direttore
generale e  direttore  amministrativo.  Ne'  rileva,  ha  sancito  la
pronunzia  in  parola,  la  circostanza  che  la  norma  prevede   la
possibilita' di riconferma del direttore amministrativo: il  relativo
potere del direttore generale non attribuisce, infatti,  al  rapporto
dirigenziale in corso con !interessato alcuna significativa garanzia,
atteso che  dal  mancato  esercizio  del  predetto  potere  la  norma
censurata  fa  derivare  la   decadenza   automatica   senza   alcuna
possibilita' di controllo. 
    A  tale  conclusione  il  giudice  delle   leggi   e'   pervenuto
osservando, altresi', che la giurisprudenza costituzionale successiva
alla sentenza n. 233 del 2006 ha  effettuato,  in  relazione  ad  una
serie  di  disposizioni  disciplinatrici  dei  rapporti  tra   organi
politici e amministrativi ovvero tra  organi  amministrativi,  talune
puntualizzazioni volte, rispetto  a  quanto  affermato  dalla  citata
sentenza n. 233 del 2006, a valorizzare, in particolare, il principio
di  continuita'  dell'azione  amministrativa  che  rinviene  il   suo
fondamento proprio nell'art. 97 Cost. Si e' cosi' precisato,  con  la
suindicata giurisprudenza, che i meccanismi di decadenza  automatica,
«ove riferiti a figure dirigenziali non apicali, ovvero a titolari di
uffici  amministrativi  per   la   cui   scelta   l'ordinamento   non
attribuisce, in ragione delle  loro  funzioni,  rilievo  esclusivo  o
prevalente al criterio della personale  adesione  del  nominato  agli
orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina, si pongono
in  contrasto  con  l'art.  97  Cost.,  in  quanto  pregiudicano   la
continuita' dell'azione amministrativa, introducono  in  quest'ultima
un  elemento  di  parzialita',  sottraggono  al  soggetto  dichiarato
decaduto  dall'incarico  le  garanzie  del  giusto   procedimento   e
svincolano la rimozione del dirigente dall'accertamento oggettivo dei
risultati conseguiti» (sentenze n. 34 del 2010, n. 351 e n.  161  del
2008, n. 104 e n. 103 del 2007); In particolare,  la  Corte,  con  la
sentenza n. 104 del 2007, ha affermato, con riferimento proprio  alla
legislazione della  Regione  Lazio,  che  il  direttore  generale  di
Aziende sanitarie locali - nominato, con ampio potere  discrezionale,
dal Presidente della Regione per un periodo determinato  -  non  puo'
decadere automaticamente in connessione con l'insediamento del  nuovo
consiglio regionale; e' stata ritenuta, infatti, essere in  contrasto
con l'art. 97 della Costituzione la previsione della  cessazione  del
soggetto, cui sia stata  affidata  tale  funzione,  dal  rapporto  di
ufficio e di lavoro con  la  Regione  per  una  causa  estranea  alle
vicende  del  rapporto  stesso,  e  non  sulla  base  di  valutazioni
concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi
di tutela della salute e di funzionamento dei servizi, o -  ancora  -
per una delle altre cause che  legittimerebbero  la  risoluzione  per
inadempimento del rapporto». 
    Alla luce di tali argomenti deve allora osservarsi come anche nel
caso  di  specie,  il  petitum   della   domanda   del   Gigli,   pur
sostanziandosi   nella   richiesta   del   risarcimento   del   danno
patrimoniale e  non  patrimoniale,  presuppone  l'accertamento  della
legittimita' della risoluzione del rapporto avvenuta ai sensi: 
        dell'art. 55, comma 5, della legge  Regionale  del  Lazio  11
novembre 2004 n.  1  recante  «Nuovo  statuto  della  Regione  Lazio»
secondo cui «Gli incarichi di direzione delle  strutture  di  massima
dimensione  degli  enti  pubblici  dipendenti  sono   conferiti   dai
rispettivi  organi  di  amministrazione  e  cessano  di  diritto   il
novantesimo giorno  successivo  all'insediamento  dei  nuovi  organi,
salvo conferma da parte degli organi stessi»; 
        e dell'art. 11, comma 2, della L.R. 3 settembre 2002,  n.  30
«Ordinamento degli enti regionali operanti  in  materia  di  edilizia
residenziale  pubblica»,  secondo  cui  «Il  direttore  generale   e'
nominato dal consiglio  di  amministrazione  ...  l'incarico  ...  e'
conferito a tempo determinato, per un periodo non superiore a  cinque
anni, rinnovabile una sola volta, e  ha  termine,  comunque,  con  la
costituzione del nuovo consiglio di amministrazione»: 
        (oltre che dell'art. 12 dello  statuto  aziendale  il  quale,
ricalcando contenuto della norma or ora richiamata, dispone dello che
«1.  Il   direttore   generale   e'   nominato   dal   consiglio   di
amministrazione,  ...  2.  L  incarico  ...  e'  conferito  a   tempo
determinato, per un periodo non superiore a cinque anni,  rinnovabile
e ha termine, comunque, con la costituzione del  nuovo  consiglio  di
amministrazione»). 
    Le  menzionate  disposizioni  prevedono,  indiscutibilmente,  una
ipotesi di decadenza automatica con esonero da qualsiasi  motivazione
e  dalla  specificazione  delle  ragioni  connesse   alle   pregresse
modalita'  di  svolgimento  delle  funzioni  dirigenziali  da   parte
dell'interessato  e  come  tale  sottratto   a   qualsiasi   verifica
giurisdizionale. 
    Costituisce  anche  in  questo  caso  presupposto   indefettibile
dell'azione risarcitoria l'accertamento  della  illegittimita'  delle
richiamate disposizioni sulla interruzione automatica del rapporto di
lavoro,  cosi'  come  richiesto  dal   ricorrente   anche   nell'atto
introduttivo. 
    Anche in questo caso  deve  escludersi  che  sulla  scorta  delle
menzionate  pronunce  (che  hanno  gia'  dichiarato  l'illegittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 96 Cost. di  disposizioni  di
legge  regionale  che  prevedevano  la  decadenza  automatica   dalle
funzioni   dirigenziali)   sia   possibile    addivenire    ad    una
interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in esame, se
non  pervenendo  ad  una  inammissibile  operando  una   integrazione
normativa della fattispecie. 
    La  questione  va  quindi  sottoposta  al  vaglio   della   Corte
costituzionale  con  la  relativa  pronunzia  di  rimessione   e   la
sospensione del presente procedimento.